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Archive for gennaio 12th, 2010

Riccione: Il Caso Genchi, storia di un uomo in balia dello Stato

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Presentazione del nuovo libro di Gioacchino Genchi
“Il Caso Genchi, storia di un uomo in balia dello Stato”.

 Mercoledì 27 gennaio 2010 dalle 21.00 alle 23.00 in Riccione presso il Palazzo del Turismo

Gioacchino Genchi presenterà il suo nuovo libro: “Il Caso Genchi, storia di un uomo in
balia dello Stato”

Interverranno:

Gioacchino Genchi: consulente di Falcone e di De Magistris, additato come “lo spione del
secolo”, condannato con processo sommario dalla casta politica e rimosso dall’incarico
per Why Not ha dichiarato “ L’attacco nei miei confronti parte dagli stessi soggetti che io
avevo identificato dopo via d’Amelio…. La stessa collusione tra apparati dello Stato, sevizi
segreti, gente del malaffare, gente della politica…”.
Gianluca Daluiso: dell’associazione culturare “Giovani di Valore”
L’evento è organizzato dalla libreria Block60 in collaborazione con l’associazione
culturale “Giovani di Valore”.
Dalla Prefazione
di Marco Travaglio:
Non ho alcuna intenzione di riassumere, in questa prefazione, il libro che state per
leggere. Anzitutto perché non voglio levarvi il gusto di sfogliare pagina per pagina questo
giallo intricato ma semplice al tempo stesso, che incrocia quasi tutti gli scandali del
potere d’Italia: quelli che i professionisti della rimozione chiamano «misteri d’Italia» e che
di misterioso in realtà non hanno un bel nulla. Ma soprattutto perché riassumerlo è
impossibile. Diversamente dai gialli, qui non è importante il canovaccio della trama: qui
sono importanti i particolari, tutti.
Vorrei, invece, parlare un po’ di Gioacchino Genchi e spiegare perché ce l’hanno tanto con
lui. Perché è diventato, prima segretamente e da qualche anno apertamente, un nemico
pubblico numero uno. E dunque perché Il caso Genchi (ma io l’avrei intitolato Il caso
Italia) curato da Edoardo Montolli è tutto da leggere. Questione di memoria: Genchi non
ha soltanto una memoria di ferro, Genchi è una memoria di ferro. Quella memoria che,
per vivere tranquilli, bisognerebbe ogni tanto resettare e azzerare. Invece lui non ha mai
proceduto per reset, ma sempre per accumulo. Possono levargli i fascicoli su cui sta
lavorando, possono portargli via i computer, possono sequestrargli tutti i file
memorizzati. Ma lui continua a ricordare e a collegare tutto. Dovrebbero proprio
eliminarlo fisicamente, per renderlo inoffensivo. Con quel po’ po’ di database nel
cervello, Genchi avrebbe potuto diventare stramiliardario (in euro), senza neppure il
bisogno di ricattare questo o quello: gli sarebbe bastato far sapere di essere in vendita e
mettersi all’asta. La prova migliore della sua onestà è proprio il fatto che non ha mai
guadagnato un euro in più di quello che gli derivava dal suo lavoro. Che non ha mai fatto
uso delle informazioni che, incrociando i dati delle intercettazioni e soprattutto dei
tabulati telefonici acquisiti da decine di uffici giudiziari, per vent’anni è stato chiamato a
esaminare al servizio della Giustizia. Mettete insieme memoria e onestà, e avrete una
miscela esplosiva, anzi eversiva. Che basta, da sola, a spiegare perché in un Paese come
l’Italia Genchi è visto come un pericolo pubblico. Non ruba, non ricatta, sa che cosa sono
le leggi e lo Stato e li serve fedelmente, e per giunta non è ricattabile. Riuscite a
immaginare un nemico peggiore, per i poteri fuorilegge che si spartiscono l’Italia
praticamente da quando è nata?
Genchi è un poliziotto. Un vicequestore che fino all’anno scorso era in aspettativa per
dedicarsi a tempo pieno a mettere a frutto la sua esperienza investigativa in materia
informatica e telefonica in delicatissimi processi e inchieste, di mafia, di strage, di
omicidio, di sequestro di persona, e così via. Lavorava già con Giovanni Falcone, di cui
poi, dopo la strage di Capaci, riuscì a estrarre, da un computer manipolato dalle solite
manine premurose, i diari segreti. Dopo via D’Amelio, riuscì a ricostruire – tabulati alla
mano – gli ultimi due giorni di vita di Paolo Borsellino e i contatti fra alcuni suoi carnefici
e una probabile sede distaccata dei servizi segreti al castello Utveggio sul Monte
Pellegrino. Da diciassette anni è consulente di varie Procure, Tribunali e Corti d’Assise. Ha
fatto catturare fior di latitanti, incastrato assassini e stragisti, ma anche tangentari e
finanzieri sporchi, smascherato malaffari di ogni genere. Ha dato contributi decisivi alle
indagini sui mandanti occulti delle stragi di Capaci e via D’Amelio, sui fiancheggiatori di
Bernardo Provenzano, sugli amici mafiosi di personaggi come Marcello Dell’Utri e Totò
Cuffaro.

Written by Arcobaleno

gennaio 12, 2010 at 11:50 PM